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e alla ricerca di qualcosa che non trovano nel mondo che hanno già

Il 2005 sarà ricordato dalla gran parte di noi come l’anno in cui la vita ci ha tirato su dalla sedia e ci ha fatti ripartire con un gran calcio in culo. I grandi cambiamenti nella compagnia si sono sprecati, lauree, gravidanze, convivenze e rotture, tutti per un verso o per l’altro siamo stati toccati dalla Grande Rivoluzione. 

Tutti tranne Matteo, lui sembrava esente da ogni scossone al proprio status da un paio d’anni, quando si era lasciato con la ragazza dopo un buon lustro di amori e promesse di eternità.
Il lavoro lo aveva da un po’, uno di quelli con un ottimo stipendio, che non ti fanno venir voglia di sfogliare gli annunci economici, la casa l’aveva comprata subito, si pagava il mutuo senza problemi e gli usciva l’extra per le ferie ogni anno. Qualche ragazza occasionale, nessuna con cui costruirsi un futuro, ma non ce l’aspettavamo neanche.
Non ci aspettavamo niente, eravamo distratti dalle nostre faccende, e ci sarebbe voluto un titolo a otto colonne perché notassimo ciò che stava accadendo a Matteo, sconvolgimenti tali da rendere la gravidanza di Francesca una questione banale come comprare il pane la mattina.

Il primo a saperlo è stato naturalmente Alessandro, lui e Matteo sono amici da prima che arrivassimo tutti, sono il nucleo originario, il big bang da cui è nata la compagnia in cui ho pascolato dagli anni della scuola.
Mi ha chiamato con una voce che se fosse stata un animale sarebbe stata un branco di cavalli in fuga da una stalla in fiamme. Mi sono spaventato, ho temuto che Francesca avesse avuto qualche complicazione.

– L’hai ancora sentito Matteo? – mi ha nitrito nell’orecchio.
– No, perché? – ho risposto sollevato.
– Ah.. No.. Niente.. Così.. Beh, ti chiamerà lui sicuro.
– Cosa mi deve dire? È successo qualcosa?
– No.. Cioè.. Aspetta, te lo dirà lui. Ciao.

Aspetta. Come se fosse facile aspettare, con una pulce nell’orecchio grossa come una castagna d’india. E non potevo neanche chiamarlo, avrei dovuto rivelargli che Alessandro aveva parlato, e non sono cose che si fanno, fra amici. C’è il rischio che poi uno non si confidi più, e allora di chi sparli poi?

Poi è stata la volta di Marzia. Mi ha accolto sulla porta senza parlare, e ho capito tutto.

– Che bastardo! – ho sibilato.
– Non ti ha ancora chiamato?
– No! E io che credevo che fossimo amici! L’ha detto prima a te che a me! Non ci posso credere!
– Vabbè, non farne un dramma, non è il caso!

Non farne un dramma dice. Mi ha scavalcato nella graduatoria delle amicizie e non ne devo fare un dramma. Non lo sa che potrei lasciarla per una cosa del genere.
Prima di dire altro conto fino a dieci.

– ..Ventisette ventotto ventinove e trenta. Cosa ti ha detto?
– Mi ha fatto giurare di non dirlo a nessuno, scusa.

L’ho lasciata, cos’altro potevo fare? Mi ha scavalcato e non mi ha neanche raccontato cosa le ha detto Matteo, lasciarla era il minimo. Però non gliel’ho detto subito.

– Ha paura che possiate capire male, a saperlo da altri.

Il pensiero che Matteo volesse diventare donna si faceva strada in me, lo sgomento è stato tale che ho perdonato Marzia e ci siamo rimessi insieme. Lei di tutto questo non ne ha saputo niente, ovvio.
Cos’altro poteva essere successo di tanto radicale, se non un’operazione per cambiare sesso?
A pensarci bene ci stava, dai, avevamo sottovalutato il trauma che aveva subito quando (Felicia.. Deborah.. Come si chiamava quella decerebrata con cui stava? Per la compagnia era La Mongoloide..) ..quando La Mongoloide lo aveva lasciato, ma sembrava aver superato la crisi, aveva avuto diverse ragazze, alcune anche piuttosto intelligenti, una sapeva sbucciare le uova sode prima di mettersele in bocca, un’altra articolava frasi di senso compiuto, una terza era addirittura in grado di tacere. Insomma, sembrava che ne fosse venuto fuori alla grande.
Certo, degli amici veri come eravamo noi, avrebbero dovuto capirlo subito, quell’improvvisa passione per gli scrittori sudamericani, il cinema francese, erano chiari sintomi di un problema latente. E quei discorsi che ci faceva ultimamente, sul senso della vita, della morte, sull’aumento indiscriminato della verdura.. Era diventato gay, senza dubbio, e lo stava raccontando tutti meno che a me!

Ho aspettato la sua telefonata assemblando mattoncini lego di rancore. Quando il telefono ha squillato avevo già costruito il corpo centrale e l’ala sinistra del Louvre.
Ho cercato di dissimulare, ma qualcosa nelle mie parole, o nel tono, deve avermi tradito, perché mi ha risposto stupito.

– E chi è che vuole diventare donna?
– E allora che cazzo è questa storia del cambiamento epocale?
– Vado in un monastero, mi faccio frate cappuccino.

Non ho capito subito, il primo pensiero è andato alla colazione col cornetto, e mi è venuta fame.

– Scusa, puoi ripetere?
– Ho deciso di diventare frate cappuccino. Volevo salutarvi tutti prima di partire. Dovrò entrare in seminario, poi prenderò i voti e abbraccerò l’ordine.
Mi ha raccontato della sua conversione, di avere scoperto la fede alla comunione di un suo cuginetto, Dio l’ha chiamato, ne ha parlato col parroco e si è convinto che la sua vera strada richiede di indossare il saio.

– I sandali ce li hai già?

Va bene, è una domanda cretina, ma se fosse diventato donna non avrei saputo chiedergli altro che “come stai sui tacchi?”. Cosa vuoi chiedere a un tuo amico che la prossima settimana cambierà completamente vita e si chiuderà in un monastero, che la prossima volta che vi vedrete non gli offrirai una birra ma gli comprerai un calendario? Io non so niente di frati, di parroci, di ordini religiosi. Io ho preso la cresima insieme agli scappellotti del vescovo perché facevo casino, e sono contento così, che abbracciare la fede, quella vera, richiede dei sacrifici che non sarei capace di sopportare. Ma queste sono cose che un uomo abbagliato dalla fede non le vede più, le scavalca senza pensarci, ti dice che se vuoi puoi, che se ci pensi bene lo capisci anche tu.
Sarà, ma io non me la sento di spiegare alla mia ragazza che se vuole può, è una comunistaccia mangiabambini, e quando mi si accoccola vicino, la notte, mi piace addormentarmi sul rumore del suo respiro, il suo profumo nel naso, senza preoccuparmi di dover rispettare nessun voto, né ora né mai. A Matteo auguro tutto il bene possibile, ognuno è padrone di trovare la serenità dove vuole, e ci sono droghe molto più dannose. Per me, prima di andare a dormire spengo sempre il cellulare, casomai Dio dovesse chiamarmi, non si sa mai.